Per Emanuele

Pubblichiamo il testo del ricordo pronunciato da  Aldo Tortorella lo scorso 21 gennaio in occasione della commemorazione di Emanule Macaluso tenuta presso la sede nazionale della Cgil.

Noi diamo qui l’estremo saluto a un protagonista essenziale della vita democratica dell’Italia, come ha detto il presidente della repubblica.  Un sindacalista che ha condotto lotte memorabili in ancor giovane età. Un dirigente di partito entrato nel massimo organo dirigente del Pci accanto a Togliatti. Un parlamentare regionale e nazionale per mezzo secolo. Un giornalista direttore dell’Unità, di quotidiani e riviste importanti, un editorialista, un saggista. “Un gigante” ha detto il dirigente socialista Rino Formica. Ma io vorrei innanzitutto ricordare un uomo forte e gentile, senza alcuna esibizione di sentimenti ma con sentimenti veri e profondi, un compagno vero che ha speso la vita per la causa dei lavoratori e del socialismo. Ci possono essere giganti della politica che sono persone  mediocri o spregevoli. Emanuele, al contrario, era un grande combattente politico e un una persona  munita di una comprensione umana con pochi eguali . 

Credo di poterlo dire con totale sincerità perché non siamo stati sempre dello stesso parere soprattutto negli ultimi tempi del Pci. Macaluso  volle definirsi e fu parte della tendenza che si chiamerà riformista. Io mi sentivo più vicino all’ultimo Berlinguer, Emanuele assai meno , pur rimanendogli affettuosamente amico com’era sempre stato. Io mi opporrò alla metamorfosi del Pci, Emanuele aderirà, seppure da una posizione critica. Ma io debbo dire che non ho mai conosciuto un comunista,  nell’accezione che con Togliatti tornato dall’esilio si diede a questa parola,  più comunista italiano di lui.  Abbiamo partecipato insieme a un colloquio su Pci, due settimane fa dove ci chiedevano della nostra vita. E lì Emanuele  parlando dei primi operai comunisti conosciuti nel tempo  clandestino e  della sua adesione giovanile ha usato un verbo inconsueto che “è li che il Pci mi si è radicato dentro”. E ha aggiunto  “Il Pci mi è rimasto dentro il cuore , ha segnato la mia vita e financo la mia vecchiaia” Il Pci radicato dentro il cuore di Emanuele, di  famiglia operaia,  è quello della emancipazione sociale, dell’avversione alle ingiustizie e allo sfruttamento.

 Per questo diviene segretario della camera del lavoro a vent’anni e a 23 segretario della Cgil siciliana , e guida le occupazioni delle terre, gli scioperi degli zolfatari, le lotte dei braccianti e degli operai del cantiere navale. E sarà suo il primo comizio a Portella della Ginestra e sue le battaglie e gli scontri del tempo contro la mafia assassina di sindacalisti ed  alleata del potere politico democristiano. Aveva fatto solo la scuola di avviamento al lavoro e quella mineraria – entrambe gratuite – perché una famiglia povera non poteva permettersi altro, ma legge e studia per conto suo, scrive, è un oratore colto  e un efficace parlamentare regionale dapprima come sindacalista poi come segretario regionale del suo partito. Un parlamentare che si fa sentire e  che dall’opposizione favorisce la rottura degli autonomisti della DC contro il centralismo fanfaniano  e sostiene un governo alternativo che riuscirà anche a liberarsi, prima di cadere,  dell’apporto delle destre che l’aveva dapprima segnato. È il caso Milazzo che diventa un tema nazionale, suscita passioni e polemiche, ma Macaluso ha il sostegno di Togliatti perchè quell’iniziativa fuori dagli schemi  rompe il  clima stagnante della fine degli anni ’50 segnati dal prepotere democristiano. Emanuele entra nella direzione del Partito e tre anni dopo nella segreteria.  Togliatti si spegnerà l’anno successivo.  Emanuele sarà un fedele erede della sua visione della politica  e ne scriverà ancora pochi anni fa in polemica contro la negazione della grandezza di un politico che aveva contribuito in modo decisivo alla lotta per la vittoria sul fascismo,  al rinnovamento democratico  del proprio partito, alla istaurazione della Repubblica, alla stesura e alla difesa di una Costituzione che dava realtà istituzionale alla sua idea di democrazia progressiva. Dirigerà la sezione meridionale , la sezione agraria, sarà responsabile dell’organizzazione, sarà, cioè, uno dei più autorevoli e stimati dirigenti del Partito. È la sua visione della concretezza che deve avere la lotta politica che lo porta a diffidare, quando verrà il confronto che prende i nomi d Amendola e Ingrao, di quelle che appaiono astrazioni degli  innovatori. Il bisogno di un “nuovo modello di sviluppo” appariva troppo vasto e  imprecisato.

E la concretezza impronta il suo riformismo che si batte per il miglioramento effettivo nelle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, per l’avanzamento effettivo del riscatto del mezzogiorno, per la crescita reale dell’incivilimento del Paese. Era dunque,  un indirizzo volto a sostenere le rivendicazioni operaie in termini di giusta causa nei licenziamenti, di avanzamenti salariali, di adeguate pensioni, di diritti del lavoro, un indirizzo  per nulla gradito dalla linea neoliberista via via crescente anche dentro le fila dei partiti che si succedettero al PCI. Qualche volta durante i nostri incontri amichevoli gli dicevo scherzosamente che io ero più riformista di lui. Al suo libro sulle ragioni del riformismo praticato anche dal PCI, rispose un altro libro di un più giovane membro della stessa tendenza, e ministro dell’epoca, che ne metteva in dubbio le tesi. Io non ressi  ai bombardamenti di Belgrado , Emanuele non resse all’ultima trasformazione che creò il Partito Democratico, troppo lontano dai suoi ideali socialisti. 

Noi salutiamo il compagno Macaluso nel giorno in cui ricorre il centenario della nascita dell’antenato del Pci,  il partito comunista d’italia sezione della internazionale comunista che fu rifondato una prima volta da Gramsci e poi rifatto da Togliatti nel programma e nella organizzazione. Credo che si possa dire che la sua vita sia stata impegnata al superamento di quella separazione, alla volontà di costruire una forza unita per chi crede che sia necessario costruire una società  con diversi rapporti sociali, che capisca l’impossibilità di uno sviluppo infinito in un mondo finito in cui anneghiamo nelle merci e nell’ingiustizia. Non si tratta di rifare il Pci disse rivolgendosi ai giovani quando commemorammo insieme Rossana Rossanda. Ma si tratta di capire le ragioni umani e morali profonde che lo ispirarono. Tutti noi che sentiamo come nostro  il dolore della sua cara moglie Enza del figlio Antonio, dei nipoti. Io piango un compagno caro, un amico carissimo.